Dalla Famiglia della Madonnina del Grappa
(Il Focolare 29 Settembre 1957)
(Riportiamo il discorso tenuto dal Padre nel refettorio di S. Maria Novella in occasione della Settimana di Aggiornamento Pastorale.)
Gli inizi
Che cosa è La Madonnina del Grappa? Un sacro cimelio della guerra 15-18?
Si, un cimelio che splende di tanta luce di fede e ripete il messaggio di migliaia di giovinezze chein un'ora decisiva tutto donarono per la salvezza della patria.
Il sec. XIX° si era chiuso in un'atmosfera di delusione e di amarezze. Le più contrastanti ideologie, ricche di promesse fallaci, annebbiavano le menti e rendevano aridi i cuori. Gravissimi problemi sociali incombevano.
Le masse popolari erano in fermento, in tutti un desiderio di elevazione espresso nel gesto di piantare la croce sulle più alte cime delle montagne per ricordare che soltanto il sacrificio di Cristo può donare la redenzione e rendere sacro il vincolo della fraternità.
Tutti i bambini d'Italia coi loro sacrifici vollero che fosse eretta l'immagine della Madre Celeste sul Rocciamelone (Piemonte). La popolazione veneta volle sul suo Grappa eretta l'immagine soave della Madonnina.
L'allora Patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, salì sul Grappa e benedisse la statua il 4 Agosto 1901. Noi vorremmo conoscere le parole sgorgate allora dal cuore di Colui che due anni dopo, proprio il 4 Agosto, piangente e riluttante, fu eletto Papa col nome di Pio X°.
Furono certamente parole di ardore apostolico, invocanti la pace ai popoli ed alle nazioni. Nel suo animo presago intuì forse la missione della Madonnina nella guerra 15-18?
La Madonnina e il Generale Giardino
Nelle sue "Memorie" il Comandante dell'Armata del Grappa, Gen. Giardino, così dice: "Tutte le Armate ebbero un giornale. Tutte le Armate, e quasi tutte le Unità, fino alle minori, ebbero una medaglia. Qualche Armata ebbe una canzone. L'Armata del Grappa, prima ed infinitamente più alto di tutto ciò, ebbe la Madonnina.... Chi scrive ha assistito di persona e non crede che alle Crociate si sia potuto ammirare nulla di più sincero, di più convinto, di più grande. Così al Grappa, la Madonnina è stata il maggior presidio morale al valore, alla serenità, al sacrificio dei combattenti. Dopo la guerra, culto della Madonnina e culto dei morti del Grappa divennero un solo culto.
In guerra erano un culto solo, quello della Madonnina e quello della patria difesa... Il 14 Gennaio 1918 lo scoppio di una grossa granata austriaca rovesciava la Madonnina dal suo piedistallo, frantumandone il fianco sinistro. I soldati la portarono giù alla Chiesa di Crespano colla pia sollecitudine che usavano per i loro compagni caduti. E sul monte rimasero il sacello e la fede. La guerra fini, la fede durò....; il 4 Agosto 1921 la Madonnina risaliva al suo Grappa, al suo sacello. Alla solennità religiosa, memori e reverenti, a pubblico riconoscimento, in quei tempi ancora bestemmiatori della forza sublime che l'Altissima Patrona aveva rappresentato nelle battaglie del Sacro Monte, intervenivano col comandante dell'Armata, tutti i comandanti dei corpi di armata .del Grappa, a viso aperto, in grande uniforme, con le loro decorazioni. Ed ogni anno, il 4 Agosto, la rievocazione si rinnova. Segno veramente eterno, di forza eterna.... ».
Ho voluto conservare intatto lo scritto del generale Giardino, prode comandante dell'Armata, perché le sue parole mi sono sembrate una testimonianza così viva della fede del Comandante e dei soldati; testimonianza dalla quale io stesso ho attinto preziosi insegnamenti nella mia missione di cappellano militare nei mesi trascorsi fra "i soldatini" del Grappa. Quante mirabili lezioni ricevetti dai miei fanti, coi quali condivisi disagi e pericoli! Vissi le eroiche e sanguinose ultime giornate del Monte Grappa che prepararono la fulgida vittoria. Compresi sempre meglio che la Madonnina era davvero forza e presidio dei soldati; forza e presidio di questo povero prete che alla Madonnina affida i suoi desideri di bene ed invoca protezione e guida.
Prime vicende parrocchiali
Chiamato il 1° Novembre del 1912 dalla obbedienza a reggere la Parrocchia di S. Stefano in Pane, compresi subito le difficoltà del mandato e chiesi di essere esonerato: la chiesa bisognosa di importanti restauri, cosi pure la canonica, ridotta a pochissime stanze in rovina; un grave debito del mio antecessore che si voleva mi assumessi l'impegno di saldare; il meschino beneficio affittato ad un parente dell'ex-titolare. A Natale non avevo la somma per dare l'offerta al sacerdote che, nei giorni festivi, celebrava la terza Messa. Scrissi a S. Em. il Card. Mistrangelo il quale mi inviò lit. 50, somma allora non disprezzabile.
Non era la questione economica tuttavia che mi spingeva ad insistere nella rinuncia. Era, soprattutto, la situazione morale, che mi faceva presentire lotte e sacrifici gravissimi. La Parrocchia contava 10.000 abitanti ed era in continuo aumento. Per un anno stetti senza l'aiuto di un curato e in un ambiente di lotte politiche gravissime. Dio solo sa le mie intime angosce davanti a situazioni penose! Quante esplosioni dovette frenare il mio carattere romagnolo! Misconosciuta la verità, calpestata la giustizia, la menzogna eretta a sistema di lotta, la Chiesa quasi deserta, la processione del Corpus Domini sospesa per gravissimo sacrilegio compiuto contro il SS. Sacramento; la Ven. Misericordia rimasta in mano a coloni onesti e laboriosi, ma incapaci di amministrare una istituzione suggerita ed animata dalla carità cristiana.
Intervenne con polemica astiosa la stampa. Non mi mancavano argomenti ma, invece di diatribe, pensai molto più efficace l'esempio di una vita umile e povera, aiutato dalla preghiera dei bimbi innocenti e dei sofferenti.
L'atmosfera era permeata di gelidi silenzi e di spavalde irruenze. In un borghetto si giunse ad elevare una barricata, per impedire al sacerdote di benedire le case. Quando si accorsero che era il Parroco in persona si fecero in quattro a disfare la barricata di carrocci e cassettoni per aprirgli un valico. Tutte le case si aprirono al sacerdote che, Dio solo sa, con quale sentimento le benedisse. Soltanto una porta, vigilata da una povera giovinetta di 14 anni che mi fece tanta pena, rimase chiusa.
Iniziai la pubblicazione del Bollettino Parrocchiale piccolo foglietto redatto con semplicità e con grande carità. Aprii una scuola serale per disegnatori, per gli aspiranti alla licenza tecnica e una scuola di musica: piccoli mezzi che il Signore benedisse largamente. Posi le basì di un Circolo femminile, retto da statuti che poi ebbi la gioia di vedere che collimavano quasi alla lettera con gli statuti dati da Benedetto XV per tutta la gioventù cattolica italiana femminile.
La prima guerra mondiale " Il Nido",
24 maggio 1915 : dichiarazione di guerra e chiamata alle armi. Fui anch'io soldato non essendo per la mia giovane età compreso tra i parroci esonerati. Avevo insistito con i miei giovani del Circolo "Studenti Medi" "Italia Nova"» e coi .pochi giovani della parrocchia incitandoli a compiere tutto il loro dovere. Era giusto quindi che anch'io mi unissi personalmente ailoro sacrifici e alle loro generose immolazioni.
Il 1° Giugno 1915 avevo aperto il "Nido" per i figli dei richiamati, primo asilo nella vasta zona di Rifredi. Sorsero dopo quelli della Galileo e di altri stabilimenti. La preghiera dei piccoli certo fu accolta dal Signore e resa feconda per le istituzioni future. I babbi combattenti ricevevano la certezza che sipensava ai loro figli. Una onda di carità pervase tutto il rione, santificando lacrime ed ansie.
Tornato in parrocchia nel febbraio del 1919 portando nell'anima le visioni terrificanti della guerra, non risparmiai fatiche perché il cuore sanguinante dì tante mamme fosse consolato dalle immortali speranze cristiane e la giovinezza gustasse tutto il fascino mirabile del messaggio di Gesù.
Dal 1918 al 1928, periodo di dittatura, continuò l'atmosfera di lotte e di intimidazioni.
Il mio atto di sospendere le elezioni del Consiglio della Ven. Misericordia perché i dirigenti fascisti volevano imporre un loro candidato: la rimozione della bandiera in una festa del partito, mi cagionarono una lotta che durò quasi un intero anno.
Oltre a queste ostilità, preconcetti, cattive interpretazioni. Dichiarai fermamente che, come sacerdote, rendevo conto delle mie azioni a Sua Em. il Card. Arcivescovo e come cittadino ai rappresentanti della legittima autorità e non a quelli di un partito. Da quel momento, fino al 28 ottobre 1922 fui guardato da due soldati a turno che si eclissarono con l'entrata in Roma.
Nel periodo fascista nessun aiuto domandai alle Autorità. Quando fu bruciata la "Società Mutuo Soccorso" la mia protesta per una battaglia così incivile fu letta in tribunale. Quando il popolo rioccupò la sede e furono buttati via i documenti fascisti, gli operai mi dissero che fra i documenti vi era la lettera dì Pavolini il quale ordinava che io fossi inviato al confino.
La fondazione dell'Opera
Intanto "II Nido" continuò la sua benefica missione nel 1921, e fu affidata la direzione alle "Ancelle del Sacro Cuore" di Bologna che tuttora a nome dell'Opera lo dirigono nella vasta parrocchia di "Regina Pacis" formata recentemente da una parte del territorio già appartenente alla Pievania di S. Stefano in Pane. (L'Opera nei suo apostolato comprende anche i Nidi e gli Asili negli ambienti più poveri e più pericolosi per la infanzia).
Il Nido e le scuole serali furono preludi al programma dell'Opera che iniziò la sua missione nel novembre 1924. Con l'aiuto di anime buone si era costruito il nuovo locale per "Il Nido"la cui prima pietra era stata benedetta dal Card. Mistrangelo essendo madrine due eroiche mamme: Ida Falorsi che nello strazio del suo cuore per la morte in combattimento di tre figli seppe riaffermare tutta la sua fede cristiana ed italiana; Diana Borsi che fu degna madre di Giosuè.
Ogni domenica si faceva la raccolta dei mattoni: una processione, composta in gran parte di piccoli, si dirigeva verso il luogo della costruzione dove ciascuno depositava un mattone.
Un piccolo orfano di entrambi i genitori di due anni l'avevo fatto ricoverare nell'Istituto dì Varlungo impegnandomi a versare ogni mese la retta. Ma vi erano altri orfani da collocare. Bussai a vari Istituti, ma invano: la retta era troppo elevata. Allora decisi di prenderli con me. Li collocai in un piano superiore dell'Asilo, assistiti maternamente da una signorina della Parrocchia che poi si consacrerà all'Opera.
I fabbricati aumentavano ed aumentavano i pensieri e le responsabilità. Anche due giovani della Parrocchia si dichiararono disposti ad attendere all'educazione degli orfani.
Le domande di ricovero erano insistenti e tutte di casi pietosissimi...
Dal 1924 ad oggi l'Opera ha assistito oltre 3000 figliuoli ed è fiera di aver dato alla Chiesa 14 sacerdoti, alla società 43 laureati, 51 maestri, 60 ragionieri e geometri e molti impiegati ed operai specializzati. Oggi essa accoglie circa 900 figlioli nelle sue 14 case, sparse nella Toscana.
Allo scatenarsi della 2a guerra mondiale l'Opera accolse il grido di implorazione di tanti bimbi rimasti per tante iniquità e barbarie privi dei genitori. Intere popolazioni furono distrutte con orrenda ferocia.
L'Opera giunse ad assistere 1200 orfani. Un sogno brillava nella mia anima: circondare la nostra città con una fascia di fortilizi spirituali, cioè le case dell'Opera. Così, dai punti estremi della città, Rifredi, Montughi, Rovezzano, S. Niccolo, Marignolle, S. Martino alla Palma, ascendeva una preghiera invocante pace e fraternità. Gli ultimi giorni della guerra furono tremendi. Fu interrotta ogni comunicazione con i miei figlioli che avevano trovato rifugio nei sotterranei all'Istituto della Quiete ed un gruppo nell'Istituto "Passerini" a Scandicci.
Fui minacciato di fucilazione perché avevano trovato in casa le divise di un ufficiale italiano morto in guerra che una pia signora aveva mandato, perché io pregassi per un suo figliolo e perché le utilizzassi, essendo di panno buono, per i miei orfani.
Tedeschi al Mulino
Nelle case dell'Opera non mancarono episodi dolorosi di prepotenza e di ferocia. Vi trovarono rifugio e salvezza alcuni ebrei ed i loro bambini.
Dal comando tedesco si era ottenuto il permesso di macinare il grano nel mulino dell'Opera per gli ammalati dell'Ospedale di Careggi. II trasporto della farina era effettuato dai Partigiani, travestiti con l'abito degli infermieri. I Tedeschi di sorpresa vanno al Mulino e portano via il pane preparato per gli ammalati. Nuova visita ed ispezione dei Tedeschi. Il ragazzoche stava di vedetta al Mulino tutto affannato si precipita: "Padre, i Tedeschi sono di nuovo al Mulino!"
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Porteranno via le poche pagnotte rimaste.
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Ma Lei non sa quel che c'è al Mulino? Un sacco di bombe a mano lasciato dai partigiani nell'ansia di valicare il Terzolle e sfuggire ai Tedeschi....
M'inginocchiai e rimasi in attesa. Dopo un'ora piena di angoscia torna il ragazzo:
- Stia tranquillo! Hanno toccato tutti i sacchi e non quello delle bombe!...
Lo Spirito dell'Opera
Lo spirito dell'Opera è spirito di umiltà e di sacrificio che promana dalla fede sincera e filiale nella Provvidenza Divina. L'Opera vuole dare ai piccoli ed agli umili quel posto che ad essi assegna il Vangelo : quindi per essi le sue predilezioni.
Li unisce in piccole famigliole, li circonda delle cure più affettuose, crea intorno ad essi un'atmosfera di serenità e di bontà, in una parola essa vuole essere la vera famiglia dei senza famiglia. Allora il dolore non spingerà più all'intima ribellione, ma sarà riconosciuto ed accettato come mezzo di elevazione, di partecipazione alla azione redentrice di Cristo.
Gli orfani sono accolti anche a due anni di età; in generale vengono dimessi quando la loro sistemazione nella vita è sicura e dignitosa. L'aspirazione di coloro che hanno attitudini allo studio non è soffocata, ma anzi incoraggiata e sostenuta. Per coloro invece che non hanno attitudine allo studio si sono aperte scuole professionali, in via di notevole sviluppo perché il mondo del lavoro richiede sempre più operai specializzati.
L'Opera vuoi fare dei suoi allievi veri artigiani che, per limpidezza di fede, costanza di preparazione, genialità di iniziativa, per il dolore stesso che ha segnato la loro vita, cooperino alla elevazione del mondo operaio.
L'Opera per il suo spirito, per i suoi frutti è amata dal popolo fiorentino che non tralascia occasione per manifestarle il suo affetto generoso.
Il Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, ha conferito all'Opera "Madonnina del Grappa" la medaglia d'oro come benemerita della cultura e della istruzione.
L'Opera non ha un metodo proprio di educazione, ma vuole creare nelle singole case, per quanto è possibile, un'atmosfera di fede, di fraternità in modo che ciascun ragazzo manifesti la propria personalità che in ogni evenienza sarà salvaguardata ed intensificata.
Due problemi: Catechismo e stampa religiosa
Non è detto però che l'Opera abbia tutti i ragazzi modello: purtroppo si presentano spesso fanciulli che provengono da ambienti nefasti e che la carità spinge ad accogliere. Ma ci si accorge subito che vano è ogni tentativo di atrofizzare le conseguenze di tare ereditarie tremende. Anche la carità la più vigile, la più comprensiva, la più materna spesso è costretta a dichiararsi impotente davanti a certi casi che rivelano rovine di un passato burrascoso di coloro che hanno cooperato a dare la vita a poveri esseri menomati. Non rimane allora che la preghiera: soltanto Gesù può compiere il miracolo, inviando all'Opera apostoli che di fronte a miserie senza nome sappiano dominare se stessi e tendere la mano a poveri infelici che implorano soccorso.
L'Opera non accetta menomati di mente perché la convivenza coi sani sarebbe difficile. I tentativi fatti sono tutti falliti.
L'Opera però accetta fanciulli minorati nelle membra che abbiano attitudini allo studio e vogliano seriamente prepararsi il loro avvenire.
Un' attenzione particolare di delicata carità l'Opera ha sempre avuto verso i giovani che, non sentendo più vocazione, lasciano il Seminario o il Convento. Si trovano in una situazione penosa, non avendo studi legalmente riconosciuti. L'Opera liaccoglie e da loro modo di proseguire, se ne hanno disposizione, gli studi ed aspirare così ad una professione. E' necessario però che dal Rettore sia garantita la moralità del raccomandato. Domani nella vita saranno riconoscenti all'Opera e al Seminario.
Il programma dell'Opera non si limita alla assistenza degli orfani e dei fanciulli abbandonati, ma comprende altri punti fra i quali l'azione catechistica in pieno accordo con la Commissione Catechistica Diocesana.
Purtroppo le masse operaie hanno apostatato. I contadini vanno perdendo il senso del divino e si intruppano con le masse operaie. La crisi è preoccupante perché l'ignoranza religiosa rende più difficile liberarsi dai pregiudizi. L'Opera ha il compito di organizzare settimane catechistiche, conversazioni religiose e preparazione di fanciulli e giovinetti alla prima Comunione. Firenze aveva un'Opera simile per i giovinetti dai 12 a 14 anni, che per varie ragioni non furono presentati alla Comunione in parrocchie, ma le vicende l'hanno travolta.
La preparazione alla prima Comunione, nella storia intima di ogni anima, ha conseguenze importanti: essa infonde nell'anima freschezza e tenacia di propositi; decide spesso di tutta una vita.
L'Opera dedicherà qualcuna delle sue case a questo apostolato che darà frutti non vistosi, ma sicuri per l'avvenire di tanta gioventù.
Leggendo i "considerando"cheS. Em. il Card. Arcivescovo ha premesso al Decreto di erezione dell'Opera in Ente Ecclesiastico (24 Giugno 1942) si comprendono sempre meglio le sue pene, le sue angosce, le sue aspirazioni. La grande sua preoccupazione sono i fanciulli ed i giovani : "Inutile - Egli dice - sarebbe prodigare cure al popolo se poi si trascurano i fanciulli e gli adolescenti che saranno gli uomini del domani". Accenna poi con amarezza agli sforzi degli acattolici di strappare anime alla Chiesa. (A Rifredi hanno un collegio proprio, Avventista).
Nel campo catechistico l'Opera poco ha potuto fare perché tutta protesa verso i fanciulli che invocano pane, affetto e guida e che affluiscono da ogni parte. Ogni giorno nuove, insistenti domande. E' pianto represso di poveri padri senza lavoro; di mamme che non hanno pane per le loro creature; di teneri innocenti nell'abbandono più desolante. Come opporre un rifiuto? Si aprono nuove case, si restaurano vecchi edifici e si adattano ai bisogni nuovi. Ormai la volontà divina sull'Opera èchiara e precisa. Il numero di coloro che si consacrano all'Opera e ne accettano l'impegno è purtroppo esiguo e ciò spiega perché l'Opera non ha potuto ancora svolgere in pieno il suo programma.
Nel periodo bellico e post-bellico l'Opera continuò a pubblicare il giornaletto "Vita Parrocchiale"rimasto unica voce cristiana senza compromessi e senza imposizioni nella Diocesi ed aiutò i singoli rami dell'Azione Cattolica a riprendere le pubblicazioni.
Assunse le responsabilità del giornale "Giovani" che nell'afoso e nebbioso dopoguerra portò un alito di nuova vita. L'Opera, sviluppando il proprio stabilimento tipografico si ripromette di andare incontro ai bisogni ed ai desideri del Parroci e portare il suo contributo alla diffusione della buona stampa.
Opera e Parrocchia
L'Opera non è stata di ostacolo alla vita parrocchiale. Lo dico con ferma coscienza: non vi è stata manifestazione di fede alla quale i figli della Madonnina non abbiano partecipato, portando una nota di freschezza e di entusiasmo. L'Opera non ha intralciato la raccolta per altre istituzioni benemerite; la S. Filippo, la S. Vincenzo, la Ven. Misericordia che, cessata la guerra riparati i locali, ha sempre nuovi sviluppi. E' una delle Misericordie più attive: dai quattro o cinque fratelli, che parteciparono nel 1913 alla processione del Corpus Domini si è giunti oggi alla partecipazione di circa 300 fratelli.
L'Opera è sorta a Rifredi. Tutti i parrocchiani l'hanno sostenuta ed aiutata nei suoi inizi e nei suoi sviluppi, ne hanno vissuto gioie, dolori, angosce.
A Rifredi s'incontrano le due città: la città del dolore, i cui padiglioni ospitano le più varie sofferenze fisiche e morali; la città del lavoro coi suoi vasti e vari stabilimenti. Punto di congiunzione delle due città, l'antica Pieve, le cui pietre austeramente ammoniscono ed in certe circostanze sembrano avere palpiti di nuova giovinezza. Presso la Pieve, l'Opera Madonnina del Grappa, umile e vivente apologia della Provvidenza Divina.
Da Rifredi nelle ore più difficili e penose ho sempre attinto conforto e comprensione.
Quando fui malato, gli operai della Galileo vollero assumersi tutta la spesa della degenza in una casa di cura a Bologna. Dagli operai della Galileo fu istituita la raccolta mensile per l'Opera. In circostanze particolari anche altri stabilimenti come la Manetti e Roberts, La Superpila, La Muzzi, la Siette, (che crea debiti immaginari cogli orfani per aver poi la gioia di pagarli) ed altre manifestarono e manifestano tuttora il loro affetto e la loro comprensione all'Opera.
I bimbi delle scuole, con la "Matteotti" in testa, inviano spesso il frutto dei loro sacrifici. Dio solo sa quale valore essi hanno per il domani dell'Opera.
Un giovane dottore porta ogni mese con tanta luce nello sguardo una percentuale dei suoi guadagni.
Nella Parrocchia l'Opera ha certamente suscitato uno straordinario fervore di carità: gran parte delle offerte colle quali ho potuto far fronte ad impegni inderogabili, mi è giunta dai parrocchiani in una gara di amore davvero commovente.
La Provvidenza nei suoi disegni, che sono sempre disegni di bontà e di misericordia, ha sospeso per il momento, che l'Opera e la Parrocchia fossero unite nell'aiuto vicendevole.
Il futuro
Quali disegni prepara domani per l'Opera la Provvidenza Divina? Già essi albeggiano nell'intimo dell'anima. Quando scoccherà l'ora segnata dalla Provvidenza l'Opera ripeterà con tutto lo slancio ed il fervore: "Signore, sia fatta la tua volontà!"
Guardo il piccolo manipolo di sacerdoti che intendono consacrarsi all'Opera: sono pochi, ma il loro numero si accrescerà.
Allora Rifredi sarà davvero - come ha preconizzato fin dal 1948 Don Giovanni Calabria, che dissipò tanti miei dubbi e tante mie incertezze - "un grande faro di luce, un incendio di carità".
La presenza dei sacerdoti mi assicura che l'Opera vivrà e conserverà il suo spirito di abbandono alla Provvidenza e di aderenza ai sempre rinnovati bisogni della società, dove purtroppo il messaggio evangelico è spesso frainteso e misconosciuto.
Risuona spesso nell'intimo dell'anima, ad incoraggiamento ed a conforto, la voce del Vicario di Cristo, che nella memorabile udienza del 16 ottobre 1949, presenti circa 400 orfani, chiese al Signore che "l'Opera della Madonnina del Grappa riaffermi la sua esistenza e dilati i suoi frutti, estendendo la sua azione benefica ad ogni sorta di miseri e di umili e portando il balsamo della speranza cristiana ovunque si lavori e si soffra".