Il padre

Di famiglia modestissima, Giulio Facibeni nasce a Galeata (FC) il 29 luglio 1884.

Compie gli studi nel seminario di Faenza, dopo la licenza liceale si iscrive alla facoltà di lettere nell’Istituto di Studi Superiori di Firenze: si mantiene facendo l’assistente nel semiconvitto delle Scuole Pie Fiorentine.

La convivenza con gli Scolopi è fondamentale alla sua formazione: è presso di loro che risolve il problema della vocazione sacerdotale con una spinta verso l’apostolato giovanile. Ordinato sacerdote il 21 dicembre 1907, fa le sue prime esperienze di apostolato tra le figlie dei carcerati, nelle scuole parrocchiali serali di S. Maria al Pignone e soprattutto tra gli studenti medi.

Nel maggio 1910 fonda il Circolo degli studenti secondari cattolici che si propone la diffusione della cultura religiosa e la formazione dei principi cristiani nell’ambiente della scuola: si chiamerà “Italia Nova”.?Nell’ottobre 1912, dall’arcivescovo Mistrangelo, Facibeni viene mandato come vicario nella Pieve a Santo Stefano in Pane. Rifredi, suburbio operaio, è il documento della disgregazione della parrocchia tradizionale. Facibeni si butta a capofitto nell’azione pastorale, organizza associazioni cattoliche, doposcuola, scuola serale per operai; promuove iniziative di carità; per stabilire un legame con tutti avvia subito un Bollettino parrocchiale.

Nel giugno 1915 fonda il nido per i figli dei richiamati, asilo gratuito e gestito da elementi volontari della parrocchia: è la prima di una serie d’iniziative a sostegno di soldati al fronte e delle loro famiglie. Richiamato alle armi nel 1916, cappellano militare sul fronte dell’Isonzo, e poi sul Grappa dove viene decorato di medaglia d’argento.

Torna a Rifredi nel 1919 in preda ad un entusiasmo terribile. Per assistere l’infanzia orfana e come punto d’incontro fonda subito l’Unione “Salviamo i fanciulli” (1919), rilancia il suo bollettino chiamandolo ”Voce Paterna” a sottolineare il proposito di paternità verso tutti.?

A Firenze, già in questi anni, gli si riconosce un ruolo particolare: Facibeni è l’uomo dal quale si aspetta il messaggio vibrante nelle manifestazioni cattoliche e nei congressi, è nel direttivo dell’Unione popolare, assistente dell’Unione donne, dell’Unione reduci, animatore del movimento giovanile e dell’associazione madrine di guerra. Eppure nel 1923 deve essere considerato anno di “conversione”. Nell’anno 1923, infatti, Facibeni pone la prima pietra dell’Opera della Divina Provvidenza “Madonnina del Grappa”, con il presentimento chiarissimo che Dio lo chiama ad iniziare un nuovo cammino: si tratta di ridursi alla sola carità e ad un tipo di carità umile, nascosta, di essere per tutti un segno della paternità di Dio, di rovesciare il criterio della catechesi e della pastorale partendo da Dio solo.

L’Opera sarà della Provvidenza e, per come vive, dovrà necessariamente rimanere alla Provvidenza, mostrando i lineamenti inconfondibili delle opere di Dio. L’Opera della Divina Provvidenza “Madonnina del Grappa” viene inaugurata ufficialmente il 4 novembre 1924: è la famiglia dei senza famiglia e, insieme, la piccola chiesa missionaria adunata dalla carità in mezzo al rione operaio.?La sua spiritualità fa soprattutto riferimento al Cottolengo, il suo motto: “et nos credidimus caritati”. La logica di fede di Facibeni è rigorosissima e senza dubbio profetica: nel 1923, al momento in cui il fascismo offre alla chiesa protezione e sicurezze, egli invita a puntare solo su Dio. “Perché - scrive su Voce paterna nel marzo 1929 - il Signore ha voluto l’Opera in questo rione operaio; l’ha voluta aliena da umane protezioni e sostenuta dalla preghiera e dal lavoro degli umili? Certamente perché fosse apologia vivente della Divina Provvidenza”. L’opera è il granellino di senape che in breve diventa albero: 12 bambini al momento dell’inaugurazione;100 dopo quattro anni;350 nel ’39; 1200 nel ’49.

Da Rifredi l’Opera si sposta a Calenzano, S. Miniato, Montecatini, Fucecchio, Rovezzano.?Don Giulio Facibeni è punto di riferimento nei giorni dell’emergenza per ricercati, soldati, ebrei; elemento di coagulo al di sopra delle parti e sempre in nome della carità dopo la guerra: davvero “il povero facchino della Provvidenza Divina” come lui ama chiamarsi o, meglio ancora, “il padre” come, a partire dal 1939, preferiscono chiamarlo i suoi figlioli, i parrocchiani, l’intera città di Firenze. “Padre” è un nome capace più di ogni altro di esprimere il segreto della sua pastorale, della sua pedagogia, della sua spiritualità: la paternità è il suo carisma. “Figli miei, tutte le vostre sofferenze, le vostre gioie, le vostre ansie, si ripercuotono nel mio animo, il mio tormento più grande è di non potere, non saper soccorrere, consolare tutti.”?

Negli ultimi dieci anni della sua vita una forma gravissima di morbo di Parkinson riduce don Giulio Facibeni in uno stato di totale dipendenza, impossibilitato a provvedere da sé alle esigenze fisiche più elementari. Nel 1955, per intervento del card. Dalla Costa che è preoccupato da tempo per la crescita enorme dell’Opera e per la sua commistione con la parrocchia, è costretto a rinunciare alla Pieve.Tenta anche di dare un volto giuridico alla sua comunità senza riuscirvi del tutto. Proprio in questi anni di prova Don Giulio Facibeni si presenta come un segno di tale trasparenza da essere veramente il sacramento del Padre per tutta la città. La Pira, appena nominato sindaco, gli conferisce il titolo di cittadino benemerito di Firenze(1951); Gronchi, neoeletto Presidente della Repubblica, visita l’opera rendendogli omaggio il 29 maggio 1955; l’Università di Firenze gli assegna la medaglia d’oro per i suoi meriti in campo educativo il 21 dicembre 1957.

La sua morte, avvenuta il 2 giugno 1958, è un’apoteosi.? Disse la Pira: “Ebbe un amore sconfinato per l’uomo. Fece cose incalcolabili, non solo per il numero rilevante dei ragazzi, ma per la qualità dell’Opera, per il disegno di essa. Noialtri, il signor La Pira e tutti gli altri, siamo tutti quanti figli suoi, alimentati dalla sua carità, dalla sua speranza, dalla sua fede. Apparteniamo a Rifredi. E’ certo che il cuore di Firenze è a Rifredi”.

 

Da “Dizionario Del Movimento Cattolico italiano”, Marietti, Torino (1982)

 

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